L'uomo che fermò il tempo

Molti conoscono Oliver Sacks professore di neurologia alla New York University School of Medicine.
È autore di numerosi libri pubblicati in Italia da Adelphi, libri il cui connotato più sorprendente è la capacità di avvincere il lettore avvalendosi di un linguaggio fresco, immediato e semplice in grado di spiegare anche i temi neurologici più complessi.
Libri nei quali i “deficit” o gli eccessi di funzione, come li chiama la neurologia, diventano tasselli a fuoco di un mosaico che la normalità rende indistinto e poco intellegibile. Deficit come la prosopagnosia in un vero capolavoro come “L’uomo che scambiava sua moglie per un cappello”, l’acromatopsia nell’ "L’isola dei senza colore", gli effetti bizzarri della dispercezione corporale in “Su una gamba sola” e molti altri disturbi paradossali in "Un antropologo su Marte", in "Emicrania", e nel famosissimo "Risvegli".
Sacks non racconta però solo di disfunzioni, egli racconta persone, individualità, contraddizioni di una umanità che sperimenta la malattia neurologica e produce inconsapevolmente (e a costo di molta sofferenza) metafore dell’esistere, come il pittore che perde la capacità di riconoscere i colori o il musicista che accarezza parchimetri scambiandoli per teste di bambini.
Sull’ espresso on line è possibile leggere in questi giorni una nuova storia, quella dell’uomo che fermò il tempo. Racconto di un incredibile disturbo per cui i pazienti vivono la cosiddetta visione cinematografica, un fermo-immagine del flusso visivo, del movimento e del pensiero i quali cessano di scorrere di continuo nella consapevolezza soggettiva per parcellizzarsi in singoli "fotogrammi" adiacenti.
E' una lettura affascinante, ispirata ancora una volta da quella che Pietro Citati aveva chiamato la prima musa di Saks: la meraviglia per la molteplicità dell'universo.


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