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Gli inganni della mente

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Messaggio Da Bravo0 Gio 12 Giu 2008, 11:53

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Gli inganni della mente
a cura di Eleonora Sibilia


Gli ormai innumerevoli studi sul cervello umano hanno fatto luce sulle straordinarie capacità di quest’ultimo, e su come sia complessa la sua struttura. Quel curioso ammasso carnoso che assomiglia ad una noce all’interno della nostra scatola cranica e che è composto da miliardi di neuroni, è lo stesso che ci rende abili nel ragionare, nel pensare, nell’ emozionarci, nel ricordare ed esprimere le nostre opinioni e punti di vista. Come un fedele servitore ci dà l’opportunità di conoscere, imparare, riflettere, e ci suggerisce un’immagine del mondo che ci circonda. Sembra che non esista al mondo qualcosa su cui si possa fare tanto affidamento quanto come a lui, il nostro cervello.

Tuttavia, il soggetto in questione non è poi così affidabile. Essendo un cervello vanesio, fa di tutto per metterci nella migliore luce possibile, e abbellendoci ed esaltando le nostre potenzialità, ci dona l’illusione di essere invulnerabili e onnipotenti. Così, di fronte a dei successi, ci convince che la responsabilità di essi sia da attribuire alle nostre buone qualità, mentre quando falliamo in qualche cosa, non esita a darne la colpa alla sfortuna o a condizioni esterne, avulse da noi stessi. Se commettiamo degli errori, ne da la colpa alle circostanze, e non alla nostra probabile incompetenza, ma non fa la stessa cosa quando si tratta degli altri. Se in un determinato settore non abbiamo talento, esso ci giustifica sminuendo l’importanza di tale settore: ci persuade che le nostre debolezze sono comuni, e che i nostri punti di forza sono rari e speciali. Inoltre ci fa credere che siamo migliori della maggior parte delle persone, e che le avversità della vita toccano più agli altri che a noi. Facendo capo alle sue straordinarie capacità di memoria e di ragionamento, esso tende a rimaneggiare la realtà per farcela vedere più positiva e gradevole.

Così, quando siamo protagonisti di eventi positivi, esso li tratterà saldamente nella nostra memoria, al contrario, fatti negativi vengono da lui condotti verso la strada del dimenticatoio. Quel briccone del nostro cervello è anche emotivo, e molto spesso accade che esso emetta giudizi sulla base di quello che stiamo provando in quel preciso momento e sul nostro umore. Perciò quando siamo sereni e contenti, consideriamo la nostra vita soddisfacente e appagante, mentre quando stiamo male e siamo dominati da sentimenti negativi, essa ci appare faticosa e piena di ostacoli. Dunque le nostre emozioni ed il nostro umore incidono in maniera considerevole sui giudizi che formuliamo sugli eventi e sulla nostra stessa vita, e il nostro cervello emotivo interviene in tutto ciò che facciamo.

Un’altra caratteristica del nostro cervello è quella di essere immorale: esso ci fa credere nell’esistenza di un mondo equo, ci convince che la vita è giusta e sicura e che perciò ad ognuno capita ciò che si merita. Così accade che, dall’alto della nostra superiorità morale, quando sentiamo di qualcuno che soffre, ci convinciamo che ciò accade per una sorta di giustizia universale che punisce chi ha provocato sofferenze. Il nostro cervello immorale è severo con gli altri, e di fronte ai loro fallimenti non esita a fare una valutazione imprecisa e superficiale sul perché di quei fallimenti, giungendo alla conclusione che essi dipendano dalla incompetenza altrui; mentre quando tocca a noi, mostra indulgenza e autoapprovazione nei nostri riguardi, e ci convince che la colpa non è la nostra.

Il nostro è un cervello illuso, esige di vedere le cose come più desidera, ed ha spesso la tendenza a correlare degli elementi fra di loro per farci apparire la realtà come lui vuole. È un donatore di illusioni, così accade che, quando ci mettiamo in testa un’ipotesi anche subdolamente plausibile, esso con estrema facilità inizia a farci vedere le prove che vanno a confermarla, ipotesi che, non di rado, è priva di fondamento. Nella sua cocciutaggine esso fa in modo di eludere, alterare, fraintendere e persino ignorare certe prove, così da donarci la soddisfacente sensazione di essere nel giusto. Se ci troviamo di fronte a delle prove che non collimano con le nostre convinzioni, egli le estromette, attraverso un meccanismo che è stato denominato “polarizzazione delle convinzioni”; ecco perchè, non di rado, una volta che abbiamo preso una decisione su una certa questione, non prendiamo in considerazione i ragionamenti che fanno capo a punti di vista diversi dal nostro.

Questa capacità del nostro cervello cocciuto di aggiustare le informazioni per far sì che le nostre convinzioni abbiano la meglio su altre (meccanismo questo che prende il nome di profezia che si autoavvera) serve per darci sicurezza e per mantenerci di buon umore. C’è un ulteriore aspetto da prendere in considerazione, e cioè che il nostro cervello è debole. Esso spesso ci fa partire con dei buoni propositi, ci persuade che siamo dotati di buona volontà, che di fronte ad un compito da portare a termine siamo capaci di arrivare fino in fondo, che le nostre risorse non ci abbandoneranno. Ma, ahimè, la volontà è, come la definisce l’Autrice, “la primadonna che abita in noi”, e come ogni primadonna che si rispetti, è capricciosa e inaffidabile, facilmente condizionabile e la sua capacità di mantenersi concentrata è pressoché scarsa. Inizialmente si mostra con i migliori propositi, forte dell’idea che riuscirà ad avere la meglio sull’impulso a lasciarsi andare, e invece capita spesso che rimane sconfitta. Ecco perchè quando ordiniamo fermamente alla nostra mente di non rimuginare su quel determinato fatto, o di smetterla di pensare ad una data persona, è facile che lei si ribelli, non ubbidendoci. In fondo, l’autocontrollo è “un personaggio lunatico”.

Un altro valido motivo per cui non ci si può fidare della nostra materia grigia, è che essa è piena di stereotipi, intesi come sottogruppi del sistema di archiviazione che il cervello usa per organizzare le informazioni in categorie. Gli stereotipi sono delle potenti armi che lottano a favore dell’ineguaglianza, e ci fanno guardare gli altri con “le lenti dell’intolleranza”. Così il nostro cervello intollerante ci fa vedere quello che ci aspettiamo di vedere, proiettando le nostre convinzioni pregiudiziali su qualcuno o su qualcosa. In questo modo ci viene restituita un’immagine che non coincide tanto con le reali caratteristiche di quella persona o di quella situazione, quanto piuttosto con il riflesso delle nostre convinzioni e del nostro comportamento rispetto ad esse. Gli stereotipi organizzano le informazioni in schemi, e questi ultimi ci sono di grande aiuto, perché ci garantiscono un sistema rapido per codificare le informazioni, anche le più complicate del nostro mondo. In questo modo siamo in grado di creare delle utili generalizzazioni e di formulare delle previsioni che ci potranno essere d’aiuto.

Negli ultimi tempi si sta cercando di individuare le strategie che potrebbero darci man forte nella prevenzione di certe tendenze che ci inducono ad essere intolleranti e razzisti verso certe categorie di persone o situazioni. Sembra che il primo passo per non incappare in un atteggiamento intollerante sia quello di riconoscere l’intolleranza stessa: per cui, se parto dal presupposto che ogni volta che vedo una persona di colore mi dico di non etichettarla, posso riuscire a non rimanere vittima degli stereotipi e dei loro condizionamenti. Certo che mettere a tacere o comunque cercare di far perdere forza ai propri stereotipi non è cosa facile, ma richiede un non indifferente sforzo mentale. Bisogna quindi essere presenti a noi stessi e vispi; per contro, quando siamo stanchi o sotto pressione ci distraiamo facilmente, ed ecco che loro, gli stereotipi, hanno la meglio. Talvolta può anche accadere che per un certo periodo di tempo riusciamo a tenerli a bada, ma in un secondo momento otteniamo l’effetto contrario, dato che essi riemergono in tutta la loro forza, arrivando addirittura a rinvigorire.

Insomma, sembra proprio che il nostro cervello, su cui riponiamo la massima fiducia nella convinzione che esegua alla lettera i nostri ordini, possieda in realtà una mente autonoma. È a dir poco sconvolgente rendersi conto di come le sue capricciose macchinazioni vadano ad influire pesantemente anche su alcune delle decisioni più importanti della nostra vita. Questo spiega perché spesso i motivi reali che si nascondono dietro alle nostre azioni ci rimangono sconosciuti. Dunque non siamo così liberi di pensare e di agire come crediamo, ma in balia degli schemi che il nostro cervello innesca di fronte agli eventi che ci accadono intorno. Tuttavia, non tutto è perduto, perché, in una visione più ottimistica, possiamo dire che se c’è un riconoscimento da parte nostra della vulnerabilità che ci caratterizza rispetto ai giochetti furbescamente attivati dal nostro cervello, abbiamo qualche possibilità di difenderci da essi. Dunque, una volta che prendiamo coscienza del fatto che gli eventi mentali che sottendono al nostro cervello ci influenzano, essi perdono parte del loro effetto. Alla luce di quanto è emerso, adesso sappiamo che è importante stare allerta ed imparare a difenderci dalle influenze esercitate dal nostro inaffidabile cervello, ad essere più tolleranti verso i punti di vista che sono diversi dal nostro, a resistere agli stereotipi quando giudichiamo gli altri e determinate situazioni. Dato che il nostro cervello in maniera più o meno costante ci mette di fronte a distorsioni e inganni, non dovremmo mai abbandonare questo atteggiamento attento e sveglio che ci fa stare in guardia.

Cordelia Fine
Gli inganni della mente. Psicologia delle bugie che raccontiamo a noi stessi
2006, Milano, Mondadori
Euro 17,50

titolo: Gli inganni della mente
curatore: Eleonora Sibilia
fonte: Vertici Network
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